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Il vertice Trump-Putin in Alaska ( RTL 102.5)
Guerra in Ucraina: i due possibili scenari sul futuro del conflitto

Per Vladimir Putin, l’obiettivo non si limita alla conquista di nuove aree territoriali: il Cremlino punta alla resa di Kiev e al suo ritorno sotto l’influenza russa. Dall’altra parte, l’Ucraina e i suoi alleati occidentali lavorano per impedire questo epilogo, tentando di fissare una linea di demarcazione che assicuri al Paese la sopravvivenza come Stato sovrano, seppur ridimensionato.
Il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin tenutosi in Alaska non ha prodotto alcuna svolta decisiva sulla guerra in Ucraina. Al contrario, ha confermato che la fine del conflitto resta lontana e che gli scenari più plausibili rimangono soltanto due. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Kiev potrebbe riuscire a sopravvivere come Stato sovrano, pur ridimensionato territorialmente, oppure rischiare di perdere sia parte del proprio territorio sia la propria indipendenza politica, scivolando di nuovo nella sfera di influenza russa.
Il presidente russo, nel corso della conferenza successiva all’incontro, ha respinto le pressioni occidentali per un cessate il fuoco che fissasse le attuali linee di contatto, preludio a negoziati territoriali. Putin ha chiarito che Mosca non ha alcuna intenzione di fermare la guerra fino a quando non saranno riconosciute quelle che definisce le «cause profonde» del conflitto, ossia la necessità che le preoccupazioni russe in materia di sicurezza vengano accolte e che sia ristabilito un nuovo equilibrio internazionale. «Affinché la questione ucraina abbia una soluzione duratura – ha affermato – è indispensabile eliminare tutte le cause della crisi, garantire che le legittime istanze della Russia vengano ascoltate e ripristinare un giusto equilibrio della sicurezza in Europa e nel mondo».
Cosa vuole davvero Mosca
Dietro queste formule diplomatiche, osserva il Wall Street Journal, si cela la reale strategia di Mosca: riaffermare la propria influenza politica sull’Ucraina, ricostruire un’area di controllo nell’Europa orientale e riconquistare lo status di grande potenza globale. È lo stesso obiettivo che spinse Putin ad avviare l’invasione nel febbraio 2022. Nonostante il fallimento del tentativo iniziale di conquistare Kiev, e i costi elevatissimi sostenuti dal suo esercito, il Cremlino non ha rinunciato ai propri piani. Allo stesso tempo, anche l’Ucraina, pur avendo fermato l’avanzata russa, non appare oggi in grado di liberare completamente i territori occupati, data la fragilità del suo esercito e l’usura di tre anni di guerra. In questo contesto, le ipotesi di esito si riducono a due scenari principali. Il primo è quello definito «partizione con protezione». In tale prospettiva, Kiev accetterebbe di convivere con la perdita di circa un quinto del proprio territorio – la parte già controllata dalle truppe russe – senza però riconoscere la legittimità di tale occupazione. Sul restante 80% del Paese, però, si costruirebbero solide garanzie di sicurezza, basate su un rafforzamento delle capacità militari ucraine e sul sostegno diretto dell’Occidente. Alcuni Stati europei, come Francia e Regno Unito, hanno già ipotizzato la possibilità di inviare contingenti in Ucraina come deterrente. A ciò si aggiungerebbero sistemi di difesa avanzati, forniture di armi e un impegno a lungo termine per la sicurezza.
Il ruolo degli Stati Uniti
In questo scenario, anche gli Stati Uniti potrebbero giocare un ruolo chiave, sebbene l’atteggiamento dell’amministrazione Trump resta incerto. Un tale assetto ricorderebbe la fine della guerra di Corea del 1953: una parte del Paese rimasta sotto occupazione, ma il resto difeso da un’alleanza internazionale che ne ha garantito la sopravvivenza e lo sviluppo. Per Putin, tuttavia, questa soluzione equivarrebbe a una sconfitta politica e storica: controllerebbe solo un territorio devastato, mentre la parte centrale e occidentale dell’Ucraina sarebbe definitivamente sottratta all’influenza russa e protetta dalle truppe occidentali.Le uniche condizioni che potrebbero spingere Mosca a una simile ritirata, spiegano gli analisti citati dal Wall Street Journal, sono il timore che le sanzioni occidentali provochino instabilità interna o che l’economia russa non sia in grado di sostenere ancora a lungo lo sforzo bellico. Washington ha già prospettato nuove misure, come dazi punitivi sulle esportazioni energetiche, restrizioni alle transazioni bancarie e limiti sull’uso della cosiddetta flotta ombra di petroliere. Ma l’efficacia di queste mosse richiede tempo e non è chiaro fino a che punto Putin possa anteporre i costi economici alla sua ambizione storica di riportare l’Ucraina sotto controllo. Il secondo scenario è quello della «partizione con subordinazione». In questa ipotesi, l’Ucraina sopravviverebbe formalmente come Stato indipendente, ma ridotta a una condizione di protettorato russo. Le richieste di Mosca, sin dall’inizio dell’invasione, includono il ridimensionamento delle forze armate ucraine, la riduzione delle forniture occidentali di armamenti e cambiamenti politici interni, fino a toccare costituzione, leadership e persino lingua e identità nazionale. Kiev sarebbe così costretta ad adattarsi alla volontà di Mosca, rinunciando a parte della propria sovranità. Uno scenario del tutto inaccettabile.
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