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Washington rinnova il no a Francesca Albanese: tensioni sul mandato ONU nei Territori palestinesi

Martedì, la Missione degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite ha ribadito la propria ferma opposizione alla nomina di Francesca Albanese come Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori Palestinesi. In una dichiarazione ufficiale, Washington ha condannato il prolungamento del suo incarico, affermando: «Il sostegno del Consiglio per i Diritti Umani (HRC) alla signora Albanese è un ulteriore motivo per cui gli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, hanno deciso di ritirarsi dall’HRC».
Secondo la dichiarazione, le posizioni di Albanese dimostrerebbero «la tolleranza delle Nazioni Unite verso l’antisemitismo, i pregiudizi contro Israele e la legittimazione del terrorismo». L’UNHRC ha di recente esteso di altri tre anni il mandato di Albanese, nonostante le sue frequenti dichiarazioni critiche verso Israele. Francesca Albanese, nominata nel 2022, ha conservato il suo ruolo grazie all’approvazione procedurale del Consiglio composto da 47 membri. I tentativi di Israele, sostenuti da Ungheria e Argentina, di bloccare il rinnovo si sono purtroppo rivelati inefficaci.
Le critiche contro Albanese si sono intensificate nel 2022, quando sono emersi suoi post sui social considerati antisemiti, nei quali sosteneva che «la lobby ebraica controlla gli Stati Uniti». All’epoca, Albanese ha respinto le accuse, affermando che le sue parole erano state travisate. Tuttavia, le polemiche non si sono mai placate.
Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 – in cui più di 1.200 persone sono state uccise e oltre 250 prese in ostaggio – le critiche di Albanese nei confronti di Israele si sono fatte ancora più aspre. Ha descritto l’attacco come un evento «da interpretare nel contesto» e come una «risposta all’aggressione israeliana». In dichiarazioni successive, ha accusato Israele di genocidio, paragonato il governo israeliano al Terzo Reich e il primo ministro Benjamin Netanyahu ad Adolf Hitler. Anche per questo le autorità israeliane le hanno ufficialmente vietato l’ingresso nel Paese e nei Territori occupati, citando come motivo le sue dichiarazioni riguardo all’attacco del 7 ottobre 2023. Evidente come la sua nomina e la successiva proroga non sono altro che l’ennesimo segnale della bancarotta morale dell’ONU.
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