Sale a 31 il numero dei terroristi uccisi nell’attacco alla scuola di Gaza.
La Verità 10.08.2024
Oggi i colloqui a Doha ma Hamas non c’è. Il gruppo jihadista ancora una volta si sfila.
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il premier del Qatar hanno esortato le parti a non minare le trattative per il cessate il fuoco a Gaza. “Nessuna delle parti nella regione dovrebbe intraprendere azioni che possanomettere a rischio gli sforzi per raggiungere un accordo”, hanno concordato Blinken e il premier del Qatar nel corso di una conversazione telefonica.
Hamas ancora una volta ha fatto sapere che non sarà presente oggi a Doha con una dichiarazione di Suhail al-Hind, dirigente del gruppo jihadista che alla testata al-Arabi al-Jadeed ha affermato: «Hamas non parteciperà ai prossimi negoziati previsti per domani, giovedì, né al Cairo né a Doha. La decisione della resistenza è unificata e non ci impegneremo in negoziati che permettano a Netanyahu di guadagnare tempo».
Il principale ostacolo per raggiungere un accordo sullo scambio di prigionieri e il cessate il fuoco è rappresentato dal numero di ostaggi che verranno liberati nella prima fase dell’intesa. Nella fase iniziale dell’accordo, si prevede la liberazione di 33 ostaggi. Questa fase dovrebbe durare sei settimane e includere un cessate il fuoco totale, il ritiro delle forze israeliane da tutte le aree abitate di Gaza, e la liberazione di alcuni ostaggi, tra cui donne, anziani e feriti, in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi. La seconda fase prevede il rilascio di tutti gli ostaggi ancora in vita, compresi i soldati israeliani, e il ritiro delle forze da Gaza.
Se i negoziati per questa seconda fase si prolungassero oltre le sei settimane, il cessate il fuoco continuerebbe, incentivando Hamas a prolungare i negoziati per evitare una ripresa dei combattimenti e permettere la riorganizzazione del gruppo. La terza fase riguarderebbe la ricostruzione di Gaza e la restituzione alle famiglie dei resti degli ostaggi deceduti. In Israele si suppone che tutti gli ostaggi da rilasciare saranno effettivamente liberati nella prima fase, ma si ritiene improbabile che le fasi successive vengano concordate o attuate.
Altro punto di forte disaccordo tra Israele e il gruppo jihadista è il numero di ostaggi da liberare nella prima fase dell’accordo: l’attuale bozza prevede la liberazione di 33 ostaggi considerati “umanitari”. Tuttavia, Hamas insiste nel voler inserire nell’accordo la frase “vivi o morti”, consentendo di rilasciare meno di 33 ostaggi vivi in cambio di un numero maggiore di prigionieri terroristi con gravi crimini alle spalle.
Israele, dal canto suo, insiste affinché almeno 30 ostaggi vivi vengano rilasciati, e se Hamas non può fornire 30 ostaggi vivi tra donne, bambini, malati o anziani, allora si potrebbero liberare uomini o soldati al loro posto. Hamas si oppone a liberare ostaggi che non rientrano nella categoria “umanitaria”, dichiarando di aver già liberato e di essere disposto a liberare 30 ostaggi “umanitari”, ma senza garantire che siano vivi al momento del rilascio.
Fin qui la cronaca ma sullo sfondo ci sono due aspetti che bloccano tutto; Yaya Sinwar sa benissimo che gli israeliani non gli consentiranno mai di uscire vivo dai tunnel dove si nasconde e non essendo minimamente interessato alla sorte della popolazione di Gaza che usa come scudo umano, preferisce il martirio per tutti, contando sulla stampa amica che lo aiuta a gettare discredito su Israele. In secondo luogo, Hamas e la Jihad islamica non hanno più un numero considerevole di ostaggi da poter scambiare con prigionieri palestinesi, quindi, non hanno più carte negoziali da giocare e da qui le continue rinunce alle trattative.
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