'Il mondo dopo lo stato islamico':
scenario per un nuovo 11 settembre?

Il silenzio è sempre segnale di cattivo presagio… è questo il messaggio che si legge tra le righe dell’ultima produzione di Paesi Edizioni “Il mondo dopo lo Stato Islamico” scritto a più mani da firme autorevoli che analizza lo stato attuale della guerra che da anni l’Isis sta portando avanti contro l’occidente. Se apparentemente sul campo il Califfato ha perso potenza con le sconfitte in Siria e in Iraq e sembrano lontani i giorni dei proclami contro gli infedeli in televisione e via web, in realtà questa calma apparente potrebbe nascondere un piano diabolico in fase di realizzazione. A sostenerlo sono in tanti come si legge proprio nelle pagine del volume che sarà presentato ufficialmente dall’associazione Dire Fare il prossimo 5 ottobre dalle 17 alle 20 presso Regione LombardiaStefano Piazza, giornalista di Libero, esperto di mondo islamico non ha dubbi al riguardo “L’apparente sparizione di Al Baghdadi (in molti lo danno nascosto in Pakistan) lascia presagire la preparazione di un colpo grosso, un attacco in grande stile che potrebbe colpire il mondo occidentale”.

Una sorta di revival dell’11 settembre 2001, per intenderci, nel vecchio continente, con molte probabilità, che non permette all’occidente di abbassare la guardia. Il generale dell’esercito Giuseppe Morabito coautore del volume ritiene che l’Europa e gli Usa debbano analizzare con attenzione l’esodo dei foreign fighters dal teatro siro-iracheno verso Turchia e Libia. “La trasformazione della guerra è evidente. Oggi l’Isis non ha apparentemente gli strumenti per realizzare attacchi orchestrati come accadde a Parigi nel novembre del 2015, eppure è vigile e attenta pronta a colpire in ogni angolo del globo perché i jihadisti sono ovunque”. Dall’America fino all’estremo oriente, una contaminazione che non lascia presagire nulla di buono, mentre il medio oriente sembra una “maionese impazzita” scrive Morabito per inquadrare il palcoscenico che si estende dalla Turchia fino all’Iran passando per la Siria dove alleanze e interessi sono mutevoli e in continua evoluzione. Una riflessione merita anche il ruolo della Libia come racconta Michela Mercuri docente universitaria e coautrice del libro. La Libia porta dell’Africa potrebbe avere un ruolo decisivo nella partita come incubatrice di nuovi talenti del terrore, mentre tutto il continente africano potrebbe essere terreno fertile per una crescente radicalizzazione per due motivi – analizza la Mercuri – il territorio è ricco di materie prime spendibili al mercato nero e il fantasma di Al Baghdadi aleggia dalla Somalia fino all’Africa occidentale, silente ma efficace. Un ruolo fondamentale nello scacchiere del terrore è riservato al web – come si racconta nell’ultima parte del libro – dove si sta giocando la guerra virtuale e sulla rete  si creano alleanze, si fa propaganda e si adescano nuovi adepti. Un quadro dunque tutt’altro che sereno del “mondo dopo lo stato Islamico”, che deve fare i conti con 25 mila potenziali bombe umane disseminate da occidente ad oriente in attesa di un ipotetico attacco in grande stile, decisivo, che potrebbe cambiare il futuro della civiltà. Come fronteggiarlo? Gli autori provano a fare supposizioni ed elaborare teorie su quelli che potrebbero essere gli antidoti per estirpare il cancro che sta  divorando la civiltà occidentale.

- Federica Bosco

 
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